IL BAMBINO
CRISTALLO
Di Barbara Ziletti
2009
2009
PRIMO CAPITOLO
Ciao, sono Luca, ho otto anni e vivo
in Italia.
Ho due genitori fantastici e sono
figlio unico.
Loro mi lasciano fare sempre tutto
quello che voglio perché lavorano tanto e hanno poco tempo per stare con me.
Il
mattino vado a scuola e il pomeriggio sto con la baby-sitter che mi lascia fare
ciò che desidero.
Se dovesse sgridarmi lo direi alla mamma che la
licenzierebbe subito.
Ho tantissimi giocattoli ma mi annoio.
Forse a noi
bambini manca una cosa che non si può comprare nemmeno con molti soldi: la
fantasia. ...dove è finita la fantasia? Chi ce l’ha rubata? Perché noi bambini
non ne abbiamo più?...
SECONDO CAPITOLO
“Luca alzati, è tardi e dobbiamo
andare a scuola, sbrigati o arrivo tardi in ufficio!”
“Uffa mamma, non ho voglia di alzarmi, sono
stanco”.
“Per forza, ieri sera sei rimasto
alzato a guardare la TV. Sbrigati!”
“Va bene”.
Luca si alza, va in bagno, si lava il
viso, si pettina e fa pipì. Come un robot fa colazione davanti alla TV
ignorando le parole della mamma che lo incitano a sbrigarsi. Per lui tutto è
diventato una noia mortale.
Ma non sa che da oggi la sua vita
cambierà radicalmente e tutto per merito di un insegnante... Lungo il tragitto
in automobile fissa fuori dal finestrino in silenzio.
Il paesaggio è sempre uguale, ai suoi
occhi sembra perfino un po’ triste.
Forse non è colpa del paesaggio, forse è
colpa del fatto che quella tristezza lui la porta dentro. Non è giusto che un
bambino si senta così, tutti hanno il diritto di essere felici, specialmente i
bambini.
Mentre formula questo
pensiero, uno strano individuo, un indiano dai capelli lunghi e neri con la
carnagione scura attira la sua attenzione.
È vestito in giacca e cravatta e lo
trova buffo.
Pensa a quanto gli piacerebbe
conoscere quel tipo così originale!
Cosa gli è stato insegnato sugli indiani? Erano
un popolo nomade, che cacciava e combatteva contro i bianchi. Vennero
sterminati perché cattivi. Inoltre si vestivano di pelle con le piume in testa
e non in giacca e cravatta!
Queste erano le poche nozioni di cui
era in possesso.
Ma dal canto suo sapeva che loro erano molto di più e gli
sarebbe piaciuto conoscere la verità. Scende di corsa dall’auto, saluta
fugacemente la mamma e corre in classe.
Il suo banco è in prima fila perché
ogni volta che si ritrova in fondo alla classe si perde nei suoi pensieri e non
segue più le lezioni.
Entra la preside e annuncia:
“Ragazzi, la vostra
maestra è stata trasferita e ora avete un nuovo insegnante, il signor Luigi,
lui si occuperà di voi”.
In quel momento entra l’indiano che
aveva visto prima.
“Wow!”
Un’ esclamazione generale
dell’intera classe e un borbottio continuo...
“Zitti bambini, abbiate rispetto. Ora
signor Luigi, anzi maestro, la lascio con loro e le auguro buon lavoro.”
I suoi occhi scuri sembrano freddi e
impenetrabili e li scruta uno ad uno.
I bambini hanno paura e stanno zitti, con
la loro fervida immaginazione chissà quali pensieri nelle
loro teste stanno formulando...
Il
maestro Luigi sfodera un sorriso di denti bianchissimi che risalta sulla pelle
ambrata e i bambini tirano un sospiro di sollievo.
Luca alza la mano per fare una
domanda:
“Ma tu sei un indiano vero?”
“Si, sono sioux, ma vivo qui in
Italia da molto tempo”.
“Ma perché non hai un nome da
indiano?”
“Il nome me lo ha dato mia mamma
che è italiana. Mio padre invece viene dall’America, da una tribù indiana,
quella dei sioux appunto”.
“Sei cattivo?”
“No, non sono cattivo, perché lo pensi?
”
“Ci hanno sempre detto che voi indiani siete
cattivi e pericolosi.”
“Questo non è vero. I buoni e i
cattivi ci sono in ogni popolo, di qualunque razza si tratti”.
“Parlaci un po’ degli indiani”.
Il coro che si eleva dalla classe è
all’unisono.
“Va bene, va bene, ma state calmi.
Dovete
sapere che io sono nato qui in Italia ma ogni estate, durante le vacanze, vado
a trovare la mia gente e vivo con loro. Da loro ho imparato tante cose che il
Grande Mistero, o Dio, come voi lo chiamate mi ha chiesto di condividere”.
“Tu hai parlato con Dio? Wow!”
“Tutti possiamo parlare con Dio”.
“Non è vero, Dio parla solo con le
persone importanti”.
“E chi lo dice? Dio risponde sempre alle
nostre domande, siamo noi che dobbiamo cercare di prestare ascolto, perché le
risposte arrivano sempre.
”
“Anche le risposte alle domande dei
compiti in classe?”
Tutti risero.
“Dio ci da le risposte per le cose più
importanti, solo quelle più importanti, per il resto ce la possiamo anche
cavare da soli, non credete?”
“Si, è vero!”
Una bambina piccola, magra e di
carnagione chiarissima alza la manina e chiede:
“Io sono Marta, e voglio sapere se
devo avere paura di te perché il mio papà dice che quelli diversi da noi, soprattutto
scuri di pelle, sono pericolosi”.
“Allora vi dico di aprire bene le
orecchie che vi racconto una storia”.
I bambini sgranano gli occhi e si
mettono in ascolto...
“Quando Dio creò il mondo mise sulla
Terra l’uomo in questo modo: prese della sabbia, della creta, dell’argilla e
del carbone.
Voleva che le creature non fossero
tutte uguali.
Con la sabbia creò i bianchi, con la creta noi indiani, con
l’argilla gli orientali e con il carbone i neri. Ma dentro i loro corpi erano
persone tutte uguali con gli stessi sentimenti, gli stessi istinti, le stesse
gioie, gli stessi dolori, insomma erano identici, cambiava solo il colore della
loro pelle perché aveva utilizzato materiali differenti.
Fra loro c’erano persone buone e
cattive.
Vennero distribuiti nelle varie zone della Terra e per i primi tempi
ogni popolo ignorava l’esistenza dell’altro.
La vita proseguiva serena e
felice.
Quando iniziarono a viaggiare ed incontrarsi cominciarono i problemi.
I popoli pretendevano di imporre i propri metodi e sistemi di vita agli altri
ed iniziarono così le guerre.
Sarebbe stato più semplice capire che ognuno
aveva le proprie usanze, il proprio modo di vivere, le proprie abitudini, il
proprio modo di rivolgersi a Dio.
Dio dall’alto vedeva tutto e capiva che le
cose si stavano mettendo male, ma nel suo cuore sapeva
anche che era un’esperienza che
dovevano fare, per capire, per comprendere chi fosse veramente l’uomo.
Quando
Dio li plasmò e diede loro la forma umana mise in ognuno di essi un pezzettino
di Spirito, un pezzettino di se stesso e sapeva bene che con questo pezzettino
l’uomo avrebbe sempre trovato la forza e il coraggio di rivolgersi a Lui.
Ecco perché chiunque può rivolgersi a
Dio.
Non dovete temere le persone diverse da voi per l’aspetto esteriore perché
dentro siamo tutti uguali”.
I bambini erano rimasti ad ascoltare
a bocca aperta ogni parola. Mai nessuno si era rivolto a loro in modo simile,
lui li trattava come se fossero adulti. Senza costringerli, semplicemente
catturando la loro attenzione.
La campanella stava suonando, era già
ora di andare a casa. Non avevano mai assistito ad una lezione così
entusiasmante.
Quel giorno Luca tornò a casa
canticchiando e non vedeva l’ora che arrivasse il mattino per tornare a scuola.
Quel maestro Luigi gli piaceva un
sacco e anche ai suoi compagni!
TERZO CAPITOLO
Quella notte Luca era talmente elettrizzato
dall’idea di andare a scuola che non aveva fatto altro che rigirarsi nel letto,
senza mai chiudere occhio.
Si alzò quando i suoi genitori
stavano ancora dormendo.
Al loro risveglio era già ad attenderli. Si era
vestito e aveva già fatto colazione.
“Perché sei già pronto? Non è mai
capitato, cosa ti è successo?”
Chiese la mamma.
“Ho voglia di andare a scuola.
Non
aggiunse altro, non diede nessuna spiegazione e loro non chiesero nulla.
Quando
si ritrovò in classe anche i suoi compagni erano molto assonnati, evidentemente
era successa loro la stessa cosa.
Il maestro Luigi entrò.
“Buongiorno bambini”.
“Buongiorno maestro”.
“Oggi dobbiamo ripassare la matematica e le
tabelline”.
“No, noi vogliamo un’altra storia, ancora una!”
“Bambini, è bene ascoltare le storie ma è
anche bene imparare le materie scolastiche. Faremo qualcosa di speciale”.
Estrasse dalla sua valigetta una
piuma metà bianca e metà nera.
“Questa è una piuma di aquila ed è
magica”.
I bambini sembravano ipnotizzati.
“Oggi andremo nel magico mondo dei numeri così
imparerete meglio, venite qui vicino a me. Mettetevi in cerchio e datevi la
mano”.
Quando furono in posizione il maestro
posò delicatamente la piuma sul pavimento e..
..si ritrovarono immediatamente
su di un grande prato verde circondato da boschi.
I fili di erba, i fiori, gli
alberi, le nuvole e tutta la flora circostante avevano la forma dei
numeri. “Dove siamo?” Chiese Luca.
“Siamo nel magico mondo dei numeri che voi
bambini tanto temete.
Dovete sapere che la matematica serve nella vita, serve
per fare i conti, per risolvere i problemi e
soprattutto per mandare energia in
questo meraviglioso luogo.
Ogni volta che un bambino risolve un problema o
dice una tabellina esatta cresce un filo di erba, un
fiore, o qualsiasi altra cosa, con la
forma del numero pronunciato.”
“E se sbagliamo?”
“Quando sbagliate accade il contrario, un
fiore, un filo di erba, un albero o una nuvoletta scompare. È anche per questo
che dovete imparare bene la matematica, conoscete le tabelline?”
“Si!” Gridarono in coro.
“Allora proviamo a ripeterle tutti
insieme.. uno per uno...
”
E cominciarono.
Man mano che
pronunciavano il risultato esatto spuntava un filo d’erba con la forma del
numero citato come risultato. Era bellissimo!
“D’ora in poi maestro ti promettiamo
che studieremo di più la matematica, così cresceranno molti fiorellini!”
“Bravi bambini”.
Il maestro sapeva bene che Luca le
tabelline le conosceva poco, infatti non ne pronunciò nemmeno una, per paura di
sbagliare, ma era anche consapevole che non appena fosse tornato a casa si
sarebbe messo a studiarle.
“Ora bambini dobbiamo ritornare in classe,
venite, formiamo il cerchio”.
Posò la piuma al centro e si
ritrovarono nella loro aula. Erano felici, tutti tranne Luca.
Quando la
campanella suonò uscirono di corsa ma lui rimase seduto.
Il maestro lo guardò
e gli disse:
“Non hai motivo di essere triste, è
sufficiente che a casa ti eserciti a ripetere le tabelline e non potrai
arrecare nessun danno.
Anche se sbagli non importa perché i numeri sono
talmente tanti nel magico mondo che se anche qualcuno scompare non ci si
accorge.
Ora vai e studia”.
Luca corse fuori felice e certo che
nel pomeriggio avrebbe rinunciato alla TV per studiare.
QUARTO CAPITOLO
Il mattino seguente in classe i
bambini non facevano altro che provare tra di loro le tabelline, entusiasti
all’idea che il maestro li interrogasse, compreso Luca, ora le aveva imparate
veramente bene.
“Buongiorno bambini”.
“Buongiorno maestro”.
“Ci interroghi? Chiese Luca.
“No, sono certo che avete studiato tutti. Oggi
parleremo di un argomento che riguarda la geografia: l’acqua”.
“L’acqua?” Chiesero in coro.
“E cosa centra l’acqua con la
geografia?
”
“Ora vi spiego. Sapete tutti che
l’acqua serve per la sopravvivenza di ogni essere umano sulla Terra, giusto? “
“Giusto”.
“Ma sapete da dove proviene?”
“Dal mare? Dal cielo?”
“Non solo, dalle montagne”.
“E poi?”
“Dal sottosuolo”.
“Bene, ora venite vicino a me e
formiamo il cerchio come ieri. Vi porterò in un luogo speciale, dove nasce
l’acqua”.
“Evviva!
”
Quando furono in posizione il maestro
estrasse la piuma d’aquila e la posò nel mezzo.
Lui e i bambini erano
racchiusi ognuno in una gocciolina di acqua. Erano in cielo e saltellavano
nell’azzurro bellissimo. Rimbalzavano a destra e sinistra, dall’alto in basso,
senza mai allontanarsi troppo l’uno dall’altro, si stavano proprio divertendo.
“Che bello, siamo delle gocce di pioggia!”
“Si bambini, e ora precipiteremo nel
mare, vedete il temporale che sta arrivando?”
“Si lo vediamo, ma dobbiamo avere
paura?”
“No, assolutamente, i temporali non
devono mettervi paura. Ora cerchiamo di stare uniti. Con i primi scrosci di
pioggia anche loro stavano iniziando a precipitare, era una sensazione
bellissima.
Si stavano mescolando con l’acqua del mare. Il maestro per evitare
di perderli di vista formò una grande bolla in cui racchiuse ognuno di essi.
“Non appena il temporale sarà cessato
arriverà il sole che ci farà evaporare e ritorneremo in cielo in modo da
precipitare altrove”.
Infatti fu così, evaporando le
goccioline-bambini iniziarono a galleggiare sotto forma di vapore acqueo e
dirigersi verso le montagne sospinte dal vento.
“E’ bellissimo! Siamo leggerissimi!
Ora le nuvole si stanno di nuovo trasformando in pioggia e cominceremo a
precipitare sugli alti ghiacciai!”
Faceva molto freddo ma loro non lo
sentivano, erano ben protetti.
Erano precipitati in una pozza d’acqua
ghiacciata.
“E ora cosa facciamo?
”
“Aspettiamo di scioglierci in attesa
del caldo. Col calore i ghiacciai si scioglieranno e l’acqua andrà verso la
valle.”
“Così tanto tempo? E i nostri
genitori cosa penseranno?
”
“Non preoccupatevi, quando saremo
ritornati sarà trascorsa solo la mattinata a scuola”.
“In un battibaleno arrivò l’estate
e i bambini-ghiaccio iniziarono a sciogliersi”.
“Ora aggrappatevi bene perché inizia
il nostro viaggio.”.
Iniziarono la loro discesa attraverso
un ruscello molto piccolo, il paesaggio circostante era splendido: erano
circondati da montagne che iniziavano a coprirsi di verde vegetazione e fiori
spuntavano ovunque rilasciando un dolcissimo profumo.
Scendevano sempre più a valle, era
piacevole essere trasportati sotto forma di acqua meravigliosamente pura e
incontaminata.
Ad un tratto il ruscello si
interrompeva filtrando nel sottosuolo e si ritrovarono all’interno di una
grotta fantastica: era piena di stalattiti e stalagmiti.
L’acqua era di un blu intenso e le
rocce splendevano come il cristallo.
“Siamo all’interno di una grotta,
guardate bambini che meraviglia. I sassi filtrano le impurità dell’acqua che
prosegue il suo viaggio, mentre loro rimangono qui nel sottosuolo”.
Dopo molto tempo che viaggiavano
nella grotta iniziarono ad intravedere di lontano una luce: stavano finalmente
uscendo.
Ora avevano raggiunto un ampio lago dal quale si dipartivano molti
fiumi, ognuno verso una direzione diversa.
“Ogni fiume porta acqua in tanti luoghi.
Ora
noi ne seguiremo uno che passa attraverso la nostra città”. Disse il maestro.
Seguirono quello di destra.
Avevano compreso la provenienza
dell’acqua.
“Dovete sapere bambini che le piogge anche se
cadono sulla terra finiscono comunque nel sottosuolo dove l’acqua viene
purificata.
Si parla molto del ritiro dei
ghiacciai in montagna e la gente teme di rimanere senza acqua. Secondo voi
perché Madre Terra ci sta facendo un dispetto simile?
”
Nessuno rispose.
Luca alzò la mano:
“Secondo me vuole farci capire che ne
sprechiamo troppa e vuole insegnarci ad usarla in modo più moderato”.
“Bravissimo Luca. Proprio per questo.
Solo se non capiremo l’importanza
dell’acqua Madre Terra ci lascerà senza, così saremo costretti a comprendere.
Pensate solo a quanta acqua sprecate quando vi lavate i denti. Aprite il
rubinetto ancora prima di spazzolarveli.
Dobbiamo imparare tutti ad usare
quella che ci serve, né di più, né di meno. È un bene prezioso che non va
sottovalutato. Ora andiamo”.
Entrarono in una tubatura arrugginita
ed uscirono dal rubinetto dei bagni della scuola.
Si ritrovarono tutti e
andarono in classe. La campanella stava suonando.
QUINTO CAPITOLO
Quel giorno, mentre Luca andava a
casa canticchiava. Era veramente felice, non si era mai sentito così bene.
“Luca, perché sei così felice?
”
“Niente mamma, niente”.
Non gli piaceva affatto condividere
le emozioni con i suoi genitori, li considerava come dei rivali rompiscatole,
mentre in realtà erano suoi alleati.
Non riusciva a capire perché ogni
genitore sentisse il proprio figlio come una proprietà da gestire a proprio
piacere, dopotutto lui sentiva di essere nato proprio per aiutare loro e non
viceversa.
La sera prima di addormentarsi cercò
di comprendere il ruolo che aveva come figlio, ma era un argomento troppo
complesso per lui.
Non si accorse nemmeno di
addormentarsi..
Stava sognando..
Era in atto una forte discussione fra i suoi
genitori. La mamma continuava a piangere e ripeteva:
“Non volevo, non volevo rimanere
incinta!”
E il papà: “Suvvia, non sarà la fine del mondo!”
“Non doveva capitare proprio ora
che ci stavamo realizzando con il lavoro, questo figlio sarà solo un impiccio!
”
Fu in quell’istante che Luca capì che
stavano parlando di lui.
Come in un film osservò la mamma che si accarezzava
il pancione, era impaurita, ma curiosa di vedere come sarebbe stata la creatura
che portava in grembo. Il papà si teneva a debita distanza ed osservava tutto
con grande amore e rispetto.
Poi la scena cambiò: lui era un
neonato tra le braccia della mamma e la guardava sorridendole.
I suoi genitori
per la commozione piangevano lacrime di gioia.
In quell’istante capì tutto:
era nato per portare un po’ di Amore in quella famiglia che si stava
disgregando cercando la falsa felicità nel lavoro. La realtà era ben diversa:
avevano paura ad amare.
Lui era nato per portare proprio quell’Amore.
Ma nel
corso degli anni, mentre cresceva loro si erano di nuovo allontanati e ora
sentiva che doveva
fare qualcosa per riavvicinarli, ma
cosa?
Si svegliò accaldato, era sudatissimo, aveva la febbre alta e a stento
riuscì a chiamare la mamma che si precipitò nella sua stanza.
“Cosa c’è bambino mio? Ma tu scotti!
Vado a prepararti un impacco di acqua fredda per la fronte e chiamo papà”.
Fu così che trascorse la notte nel
lettone fra mamma e papà, come non accadeva da molto tempo. I genitori decisero
che per quel giorno non si sarebbero recati al lavoro anche se Luca stava
meglio. Ancora una volta aveva capito cosa avesse fatto Dio attraverso
lui:
aveva riavvicinato la famiglia.
Ora erano li tutti e tre a ridere e
scherzare, erano veramente sereni.
Comprese anche perché nelle famiglie molte
volte i bambini si ammalano...
SESTO CAPITOLO
Quando Luca si recò a scuola scoprì
che anche i suoi compagni erano stati ammalati, tutti. Avevano condiviso la
medesima esperienza e sembravano aver capito, o quasi.
“Buongiorno maestro”.
“Buongiorno bambini, siete guariti?”
“Si”. Gridarono in coro.
“Avete compreso le ragioni della
vostra malattia?”
Solo alcuni risposero di si.
“Vi spiegherò meglio.”
Zitti si concentrarono nell’attesa
che il maestro raccontasse loro una storia.
“Come ben sapete l’uomo è sulla
Terra da tantissimi anni. Col passare del tempo il suo cuore si è indurito, ha
iniziato a concentrarsi sulle cose materiali, come ad esempio i soldi, le case,
i vestiti, ecc., perdendo di vista il suo vero scopo...
L’uomo nascendo impara ad amare.
Ma oggi, vedete anche voi che il
mondo non è tanto pieno d’amore, c’è molta violenza, crudeltà, ci sono persone
ricchissime e altre che muoiono di fame.
L’equilibrio sta nel mezzo, ma ciò
non è ancora possibile e vi spiego il perché.
Sappiate che ogni persona vive più
vite, l’Anima non muore mai e torna sulla Terra più e più volte ognuna delle
quali facendo un’esperienza diversa.
Una volta nasce ricca, un’altra
povera, una brutta, una bella, una buona e una cattiva, una maschio, una
femmina e così via..
Non evitate mai un altro individuo
poiché potreste ritrovarvi, oppure esserci già stati, nella stessa situazione.
Se ci pensate bene, vi sarà capitato
di avere la sensazione di avere già vissuto la stessa esperienza.
Vi faccio un esempio: c’era un mio
amico che non sopportava la vista dei vagabondi, ogni volta che ne vedeva uno
fuggiva.
Era in grado di ricordare a livello
di sensazioni, che lui quella vita l’aveva già fatta in una delle sue
precedenti vite e non gli era piaciuta e la vista di quelle persone gli
risvegliava dentro, a sua insaputa, questo ricordo”.
“Maestro, ma cosa c’entra tutto questo
con noi bambini, con l’Amore?”
“E’ semplice, se voi guardate un barbone, un
ladro, un assassino, un ricco, un povero, una brava persona, una cattiva, con
gli occhi dell’Amore siete in grado di comprendere l’esperienza che quella persona
sta facendo in questa vita, senza giudicare.
I bambini che hanno già fatto tutte
queste esperienze, quando arrivano sulla Terra sono in grado di aiutare questi
individui e sostenerli perché dentro hanno già tutte le risposte”.
“Dentro cosa?”
“Dentro al loro cuore. Si chiamano BAMBINI
CRISTALLO, perché sono puri e trasparenti come il cristallo e sono in grado di
dispensare Amore alle persone che li circondano. Sanno amare e perdonare come
faceva Cristo”.
“E come faceva Cristo?”
“Cristo amava tutti in modo uguale,
il buono e il cattivo, il ricco e il povero, l’assassino e il barbone, il
malato e il sano.
Per Lui tutti erano uguali, perché
Lui nell’arco delle sue vite precedenti era già stato ognuno di essi.”
“E tra noi ci sono bambini cristallo?
”
“Più di quanti voi crediate. L’unico problema
è portare a conoscenza di questo fatto i vostri genitori.
Loro non hanno ancora capito che
siete voi che insegnate cosa è l’Amore attraverso il vostro arrivo sulla
Terra”.
“Perché dici voi? Significa che siamo
bambini cristallo?”
“Molti di voi lo sono. Ne sono nati e ne
stanno nascendo molti. Il mio compito è portare a conoscenza voi, ma
soprattutto le vostre famiglie del fatto che siete bambini speciali”.
SETTIMO CAPITOLO
Luca aveva ricevuto talmente tante
nozioni da sentirsi quasi frastornato.
Pensava a quale fosse il suo compito,
aveva capito che doveva portare Amore, ma in che modo? Più ci pensava, più il
pensiero e la curiosità mista a preoccupazione riguardo al suo futuro lo
lasciavano con l’amaro in bocca.
Cosa
avrebbe fatto da grande un bambino cristallo?
Il giorno seguente lo chiese al
maestro e questi rispose:
“Quello che fanno tutti gli altri, ti
sceglierai una professione che ti piace, continuando ad inviare Amore alle
persone.
Un bambino cristallo da grande non diventa un Santo, semplicemente
svolgerà le normali mansioni con un atteggiamento profondo verso la vita.
I
bambini cristallo saranno in grado di aiutare chiunque li circondi,
diventeranno spazzini o ingegneri, non conta quello che faranno da grandi, ma
come lo faranno.
Tra di voi ci sono bambine che diverranno delle bravissime
casalinghe pur essendo bambine cristallo, saranno in grado di svolgere le loro
mansioni con tanto amore.
Amerete ciò che farete perché lo farete con Amore.
Questa
è la differenza.
Oggi le persone sono insoddisfatte perché spesso svolgono un
lavoro che non piace, oppure ritengono che non sia degno di loro.
L’Amore non
è fuori ma dentro.
Qualsiasi lavoro o attività se svolti con Amore possono
dare la felicità e tante soddisfazioni.
Lo stesso vale per le relazioni sentimentali
e sociali e spirituali”.
“Allora maestro non ci saranno più
i divorzi?
”
“Le persone capiranno che non è il matrimonio
che le unisce, ma l’Amore che c’è fra di loro.
I divorzi spesso subentrano
perché non si trova più né la volontà né il tempo per riconciliarsi. È più
facile litigare e accusare l’altro piuttosto che soffermarsi ad analizzare dove
NOI abbiamo sbagliato.
I bambini cristallo saranno in grado di amarsi e
rispettarsi, ma per loro il compito è di insegnarlo anche agli adulti di oggi.
Gli adulti sono insoddisfatti del lavoro, delle relazioni sociali,
sentimentali, perfino della religione. Spetta a voi mostrargli che quello che
non va al di fuori di essi in realtà non va dentro”.
“Sai maestro che a me sembra che i nostri
genitori siano sempre tristi e soli?
”
“In effetti è così. Si sentono così perché
loro vogliono essere così.
Non vogliono rallentare il loro ritmo perché
sarebbero costretti a guardarsi dentro e troverebbero
cose che non piacciono, così
seguitano ad incolpare gli altri”.
“Il mio papà e la mia mamma mi sgridano
sempre, ma tante volte io non capisco il motivo perché non me lo spiegano.”
“In effetti sono talmente frustrati che
sfogano il loro risentimento su di voi e non hanno più la pazienza di spiegarvi
nulla”.
“I miei nonni non sono così, sono più calmi”.
“I nonni sono stati spesso anch’essi genitori
nervosi, ma con voi hanno capito che possono rimanere più calmi in quanto hanno
più tempo e più pazienza”.
“Ma allora se gli adulti avessero più tempo
sarebbero meno nervosi?”
“Sicuramente si. Ma dovete sapere
che si creano ogni tipo di impegno pur di non avere tempo”.
“E perché? Non possono giocare un
po’ con noi? Io gioco da solo e mi sento molto triste. Se chiedo a uno di loro
di farmi compagnia non ha mai tempo, anche se magari sta solo guardando la TV”.
“Hai ragione. Gli adulti non hanno ancora capito che dentro i bambini è
racchiuso un mondo d’Amore, o forse lo hanno capito e ciò li spaventa”
“Ma come si fa ad avere paura
dell’Amore se è una cosa bella?”
“Tutte le cose che non si conoscono
spaventano”.
“Vuoi dire che non conoscono l’Amore?
”
“Purtroppo no. La vita è diventata talmente
frenetica che non c’è più spazio per l’Amore.
”
“Ma allora gli adulti soffrono perché lo
vogliono loro? Noi come possiamo aiutarli?
”
“Con la pazienza e la calma, ma soprattutto
con l’Amore, rimanendo semplicemente voi stessi”.
La campanella suonò, la lezione era
terminata.
“Ci vediamo domani.”
“Ciao maestro! “
Gridarono in coro.
OTTAVO CAPITOLO
Quando Luca arrivò a casa si sentiva
importante come non mai, aveva compreso che i suoi genitori necessitavano del
suo sostegno.
Da quel giorno si comportò sempre in
modo rispettoso e gentile, al punto che loro furono costretti a guardarsi
dentro.
Iniziarono così a dialogare di più.
Trascorrevano
sempre più tempo insieme e sempre meno davanti alla TV.
Discutevano quando
qualcosa non andava, ma non decidevano più per lui senza averlo prima
interpellato.
Capirono che il loro bambino stava crescendo e loro con lui.
Era
uno scambio reciproco di opinioni e attenzioni.
Compresero che Luca non faceva
che riportare a galla tematiche rimaste irrisolte.
Si stavano comportando
esattamente come i genitori si erano comportati con loro e ciò non andava
bene.
Decisero quindi di “andare
oltre” l’educazione ricevuta e seguire il cuore, quello che chiamavano
istinto.
Spesso i genitori tendono a tramandare di generazione in generazione
gli stessi comportamenti subiti.
È come continuare a percorrere una strada
sbagliata, pur sapendo che non è giusto.
I bambini cristallo, arrivano sulla
Terra per spezzare le catene che ci legano al passato e ci costringono a
guardare al presente per un futuro migliore.
Molti bambini decidono di
“sacrificarsi” per questo, consapevoli di portare Amore nel mondo, sono gli
adulti che devono dargli un’opportunità per cambiare, per andare avanti e non
fossilizzarsi in norme e regole che sono talmente antiche da non avere più
ragione di esistere!
FINE
1 commento:
Grazie 😘
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